martedì 16 agosto 2016

"Odi italopitecum vulgus, et arceo"....Crescita zero = il Defaut si avvicina + il Declino continua


Parafrasando il famoso verso del Poeta Orazio
"Odi profanum vulgus, et arceo (odio il volgo profano, e lo tengo lontano)"
eccone la versione attualizzata&fallitaGliana
"Odi italopitecum vulgus, et arceo"...

FallitaGlia = come potete dedurre dalla foto è un posto bellissimo per godermi le vacanze
(ma nel Mondo ce ne sono molti altri altrettanto belli se uno non è un italiota provinciale che non ha mai messo il naso fuori e vive nel falso mito di essere il centro del Mondo)...
E poi protetti&globalizzati in ‪#‎ITALIALTROVE‬ con spirito adattivo + pop corn&birra
a godersi lo spettacolo (si fa per dire...) del Declino Irreversibile di FallitaGlia...
dell'estinzione degli Italopitechi che non vogliono vedere la realtà/adattarsi
e del prossimo DEFAULT (sempre più vicino) ...
E man mano ogni anno in Italia fare le vacanze costerà sempre meno... ;-)

Io torno a godermi le vacanze italiane...
vi lascio con un breve ma significativo collage
sulla crescita ZERO del PIL FallitaGliano 2° trimestre 2016
Crescita, con consumi così fiacchi e investimenti bloccati la ripresina economica è già alle nostre spalle
(Nota: vi ricordo che negli ultimi 8 anni il PIL italiano è sotto di circa un -10%...così...tanto per contestualizzare meglio la "crescita zero" ...dopo anni di recessione e dopo una ripresina che non è mai decollata...)


Sarebbe tutta colpa del Brexit ... che naturalmente colpisce solo noi e NON la Germania...
Germania, nessun aumento rischio recessione da Brexit
E' quanto emerge da un'inchiesta condotta dagli economisti dell'istituto di ricerca congiunturale, Imk...
Sarebbe tutta colpa del "futuro&potenziale NO" al referendum costituzionale (previsto per questo autunno)................................................
.


Francesco Maria Pellegrini
In pratica, le ATTUALI condizioni del sistema Paese sarebbero imputabili ad un' IPOTETICA vittoria FUTURA del No. Geniale questo tizio del PD.

Su questo IRRILEVANTE Referendum Costituzionale
sia che vinca il NO...sia che vinca il SI' ...
masse di italopitechi già fin da ora stanno facendo tifo da stadio...
mentre non si rendono conto di essere sull'orlo del baratro del Default
e mentre il Declino Irreversibile continua, con un suo unico lato positivo:
man mano toglierà le PIGNE dalla testa ad una massa italiota che ancora può permettersi di vivere in un'altra dimensione...
Pil e Debito, Luigi Zingales: "Situazione insostenibile. 
Pil fermo al palo
e debito pubblico al nuovo massimo storico....
La soluzione però sarebbe sempre la solita
= fare più debito "pppubbblico"...si dice per innescare la crescita (ah ah ah!)
ma in realtà per acchiappare voti/consensi della massa di clientes italopitechi di uno Stato Fallito
Contro il Pil in frenata il governo rispolvera le grandi opere (N.d.R. pppubbbliche)
invece di fare riforme drastiche&radicali che potrebbero rimettere veramente l'Italia in condizioni di "ripartire" e di competere globalmente...
Insomma...una cosa del genere...come vi prospettai in un mio post di due anni e mezzo fa...
LA MIA RICETTA PER FAR RIPARTIRE L'ITA(G)LIA...
Una ricetta tanto scontata quanto impossibile/irrealistica nella configurazione socio-politico-economico-demografica attuale.
La svolta è IRREALIZZABILE
perché il vero problema non è Renzi o quello prima o quello dopo
ma la massa italopiteca che è maggioranza e che non mollerà una virgola né vorrà riconoscere la realtà...almeno fino al Default..
Capite perché il Declino è Irreversibile ed il Default inevitabile?


E naturalmente l'altra ricetta sarebbe la solita = alzare ulteriormente le TASSE
che sono già al record mondiale e che sono ormai insostenibili
Come frenarla ancora di più...La crescita frena, Renzi pronto ad alzare l'Iva
Pil Fermo, Il Paese Non Cresce, Mancano 10 Miliardi: Si Rischia La Stangata Iva…

Eccovi un po' di commenti REALISTICI
che vanno oltre all'ALTRA DIMENSIONE
di Governi vari, di informazione "a servizio" e di massa italopitechi...
Paolo Cardenà
12 agosto alle ore 18:09 ·
Si sono accorti che se l'economia globale prende il raffreddore, in Italia si trasforma in broncopolmonite cronica. Che detta in altri termini significa che il vento che soffia in altre latitudini, da queste parti prende la forza di un uragano.
Perché è difficile immaginare un lieto fine per l'Italia?
E' scritto nel blog, con decine e decine di articoli e grafici. Nel frattempo si continuano a spendere fiumi e fiumi di inutili parole, espresse con la solita retorica per nulla aderente alla realtà.
‪#‎TicTacTicTac‬
Dal repertorio (correva il 4 marzo 2015).
http://www.vincitorievinti.com/…/perche-litalia-e-persa.html

Francesco Maria Pellegrini

Per raggiungere l'obiettivo di crescita previsto dal Ministero dell'Economia nel Documento di Economia e Finanza, parametro sul quale il Governo de "Il Bomba" ha -ovviamente- programmato tutta la finanza pubblica, l'Italia dovrebbe crescere dello 0,8% nei due restanti trimestri: roba che non si vede dal 2008.
Ihihihhiih.

Francesco Maria Pellegrini
Pare siano rimasti solo i decimali preceduti da uno zero: lo zero virgola 00 è made in Italy
Come la farina.

E come al solito un'analisi illuminante&sensata
ce la offre Oscar Giannino
anche se del tutto inutile
visto che le Ricette Efficaci
alle condizioni attuali NON sono applicabili
Pertanto Buona Continuazione di Declino...almeno fino al Default...
#ITALIALTROVE
#NOHOPEFORTHISITALY
La ripresa s’è fermata, non l’errore politico di evitare misure radicali
La tossicchiante ripresa italiana s’è fermata.
Perché i guai sono sempre gli stessi, da vent’anni dicono i numeri.
E assume forme diverse nel tempo comunque un’analoga risposta della politica: incolpare le circostanze esterne, evitare i necessari rimedi radicali, inventarsi costose strategie per compiacere il voto e prendere a calci la lattina.
Il declino italiano continua, rispetto agli altri paesi.

E la tanto decantata carica del governo Renzi appare ferma, spenta, incartata.
Le attese sulla prima stima del PIL italiano nel secondo trimestre 2016 sul precedente già scontavano un rallentamento rispetto al primo, che si era chiuso su un +0,3%.
Che era comunque positivo, se si pensa che l’andamento del 2015 era stato in continuo décalage: dal +0,4% del primo trimestre, a +0,3%, +0,2% +0.1% nei trimestri successivi.
La frenata era attesa, ma ci si aspettava comunque un sia pur risicato segno “più”.
Invece la crescita zero ci fa tornare a una ripresa italiana che non riesce proprio a ingranare la marcia. Come già annunciato, del resto, dal dato di giugno della produzione industriale, in contrazione dell1% su base annua.

I fattori esterni sono noti, e spingono alla frenata.
Ma non è vero che spieghino tutto.
Da diversi trimestri infatti la crisi delle ex economie emergenti e le continue stime al ribasso del commercio mondiale producevano – per un paese esportatore quale siamo – un contributo esterno sempre più modesto e poi negativo, alla crescita del valore aggiunto nazionale trimestrale. Ma il fattore positivo era rappresentato dai primi – per quanto modesti – segni di ripresa della domanda interna e dei consumi.
Nel secondo trimestre 2016 la crisi internazionale resta, ma al contrario l’ISTAT ci informa che la componente netta import-export offre un contributo positivo alla crescita, mentre è quella dei consumi interni a dare un apporto negativo.

Certo, conta Brexit: ma fino a ieri la stima egli effetti del voto per l’uscita di Londra dalla Ue vedevano l’Italia come uno dei paesi meno “impattati” dalla secessione.
La Brexit, la crisi turca e l’attacco di DAESH c’è per tutti, ma intanto i paesi dell’euroarea sono cresciuti dello 0,3% nel secondo trimestre e dell’1,6% rispetto a fine giugno del 2015, noi siamo a zero nel secondo trimestre e a +0,7% su metà 2015.
Il che significa, tristemente, che continuiamo ad andar peggio degli altri quando ci sono frenate internazionali, e peggio pure quando invece la congiuntura europea e mondiale volge al meglio.

Limitiamoci a tre osservazioni su questa doccia fredda:
che cosa può derivarne per i conti italiani, cosa sarebbe auspicabile, e una valutazione invece di realismo politico.

E’ ora ovvio che le prospettive di crescita dell’1,2% del PIL nel 2016 e dell’1,4% nel 2017, avanzate dal governo ad aprile scorso, non reggano più. Il PIL 2016 dell’Italia può oggi limitare il suo aumento reale tra lo 0,6% e lo 0,7%. Meno del 2015.

E’ lo stesso MEF ad aver stimato che una crescita 2016 inferiore di mezzo punto al previsto può comportare un deficit per l’anno in corso che sfiora o supera il 3% del PIL, mentre il debito pubblico non scenderebbe più di quel soffio promesso – dal 132,7% al 132,4% del PIL – ma crescerebbe fino al 134%.
Il governo ha già dichiarato che era sua intenzione chiedere alla Ue un altro mezzo punto di PIL in più di deficit – dall’1,8% previsto nel 2017 sino al 2,3%.
Ma tale richiesta diventa più complessa, se intanto si mancano per l’ennesima volta gli obiettivi che erano stati assunti con Bruxelles per il 2016.
Tra parentesi: dacché il governo attuale è in carica ha già beneficiato di 1,7% di PIL di deficit aggiuntivo negli anni rispetto agli obiettivi contrattati dal governo precedente, non è vero che viviamo in un regime di austerità cieca e inflessibile.

Il Tesoro in queste settimane ha prennunciato che sino al 27 settembre, quando consegnerà la prevista nota di aggiornamento al DEF, limerà e correggerà le sue cifre per capire quali siano i margini della manovra di bilancio 2017.

Ma una cosa è sicura, ci saranno parecchi miliardi in meno rispetto alla rosee attese di qualche mese fa. E la minor crescita non aiuta certo nemmeno l’altro punto dolente italiano: quella della solidità complessiva del sistema bancario italiano, il cui margine di intermediazione da attività caratteristica – ergo la redditività – scenderà ulteriormente.
Non proprio ciò che dovrebbe aiutare la complessa manovra in atto su MPS, o le attese per l’aumento di capitale di Unicredit.

Quanto agli auspici, e cioè cosa sarebbe preferibile, è un discorso lungo, che dipende dalla lettura che si dà della crisi italiana.
Se si guarda ai numeri, l’Italia ha una crisi di produttività stagnante ventennale, da metà degli anni ‘90. E da allora – non dal 2008 o dal 2011 – gli investimenti netti delle migliaia di imprese industriali censite da Mediobanca sono inferiori alla quota annuale di ammortamenti: cioè la quota investita per nuovi impianti, innovazione di prodotto e processo, distributiva e di capitale umano è minore di quella spalmata nei bilanci annuali per “spesare” le innovazioni del passato (chi volesse approfondire questo e molti altri dati, li trova in questo bel librino di Riccardo Gallo) .
Del resto, rileva sempre Mediobanca, il margine industriale delle imprese resta, nei bilanci 2015, inferiore del 37% a quello del 2007 e del 20% per le imprese manifatturiere: e non solo per la crisi del mercato interno, ma grazie a tasse che gravano anche se il reddito è zero o negativo.
E Restiamo in Italia con una quota di occupati del 57%, rispetto al 78% della Germania, 77% della Gran Bretagna, 76,5% di Danimarca e Olanda.

In un paese con questi ritardi strutturali, servirebbero da anni interventi radicali per accrescere la produttività, abbattere il fisco su imprese e su lavoro, accrescere verticalmente la concorrenza, visto che il più dell’offerta dei servizi pubblici e privati ne restano escluse.
E poiché per abbattere davvero il fisco di diversi punti di PIL occorre rivedere energicamente il perimetro dello Stato, come accrescere la concorrenza significa scontentare infinite lobby, è esattamente quel che la politica italiana di ogni colore ha diluito ed evitato di fare.

 Se però dagli auspici passiamo al realismo politico, avverrà altro da quanto serve.
Prevale l’idea generale che la colpa sia di una stagnazione secolare: ma essa non spiega perché noi andavamo e andiamo peggio degli altri, se non fosse per difetti domestici.
Non si guarda all’effetto paradossale di aver chiesto alle banche centrali di comprare tempo con tassi negativi, che abbattono sì gli oneri per i debiti pubblici, ma nel tempo ottengono effetti sempre più distorsivi se gli interventi energici della politica mancano.
Ci si accapiglia sulle regole europee: che hanno certo molte approssimazioni e difetti, ma così facendo in tutti i paesi europei si dà sempre più fiato a chi auspica l’esplosione della stessa Ue come soluzione alle responsabilità proprie.

La prossima legge finanziaria cade malauguratamente a cavallo del referendum sulla riforma costituzionale, sul quale Renzi e il governo hanno scommesso tutto.
Ciò non aiuta, rispetto al bilancio che occorrebbe fare di interventi e bonus che sin qui hanno mobilitato ingenti risorse di bilancio, con però non ingenti risultati.
E’ ovvio che il “segno” della manovra sia inteso invece dal governo al fine di convincere quella parte di oppositori al referendum che più il governo teme: sinistra Pd e sindacati.
Ed ecco perché da mesi e mesi parliamo di prepensionamenti a chi un lavoro ce l’ha, invece di misure che sarebbero ben più urgenti per la ripresa italiana.
Il declino continua rispetto agli altri paesi, buon referendum a tutti.
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