lunedì 13 gennaio 2014

Al di là delle Markette trionfalistiche su FIAT-Chrysler (continua...)

Visto che in Italia trovare analisi imparziali su FIAT è merce rara...
le poche volte che ne trovo qualcuna, ve la riporto prontamente...

Prima però...alcuni miei tweet
per iniziare a scaldarsi e mettersi nella giusta prospettiva....
- Stefano Bassi: nell'ormai 1° market del Mondo (18ml auto) Fiat-Chry non c'è quasi... Volano in Cina vendite VW ora 1° produttore estero in Cina http://t.co/ESlvv9eOtV 
- ....Nessuna Fiat nelle 50 auto più vendute al mondo. Nemmeno Chrysler http://focus2move.com/.../1097-top-50-best-selling-cars... 
- Stefano Bassi se leggi i giornaletti italiani e le interviste al Marpio...sembra un successo mitologico...mentre I CAXXI iniziano adesso...la partita è tutta da giocare e non è facile
- Stefano Bassi il mercato italiano ormai vende 4 auto in croce ed ormai è marginale quasi come quello del Burundi...quello Brasiliano per la prima volta da 10 anni è in calo...

(Immatricolazioni Italia = da quasi 2,5mld del 2007 ad 1,3mld del 2013 di cui 820mila a privati - La produzione italiana è ferma a 370.000 vetture contro 1,5 milioni dell’Inghilterra).....................
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- Stefano Bassi mentre FIAT ha la sua difficile scommessa tutta da giocare...altri consolidano...BMW, vendite record nel 2013 http://t.co/rGfaADAv6n


vedi anche il mio ultimo post: Al di là delle MARKETTE della disinformazione italiana "sull'affarone" FIAT-Chrysler...

Non appena mi passerà l'influenza, come promesso vi parlerò della Bolla (una tra le tante) del Mercato Auto 'mericano...Bolla sulla quale galleggia anche Chrysler.
Nel frattempo buona lettura...

L’Italia anello debole della Fiat?
Per valutare le prospettive del nuovo gruppo automobilistico Chrysler-Fiat è bene prima metter in fila una serie di dati di fatto.
Il primo è di natura finanziaria; come ha ben spiegato Sivini[1] tutte le scelte strategiche di Marchionne sono state di necessità inscritte in uno spazio definito in modo vincolante dalla “famiglia Agnelli”: contenere gli investimenti entro i flussi di cassa.
L’assenza di una strategia di rinnovamento dei modelli da parte Fiat, al di là delle razionalizzazioni di Marchionne sull’inutilità di investire in nuovi modelli in piena crisi, nasce da lì.
 La Fiat ha adesso accesso alla cassa della Chrysler, 12 miliardi, ma il nuovo gruppo ha un debito di 14,2 miliardi di euro, 4 volte il profitto operativo atteso per il 2013, a cui vanno aggiunti il debito del fondo pensionistico, stimato a 9 miliardi, e una stima di investimenti, negli USA, ormai inevitabili di almeno 8 miliardi a fronte di una liquidità di 20 miliardi; è l’azienda automobilistica più indebitata.
L’idea che la nuova disponibilità permetta di allentare, per l’Italia – ci vorrebbero almeno 9 miliardi di investimenti -, il vincolo dei flussi di cassa è un’ipotesi possibile, ma la sua percorribilità deve misurarsi con il secondo fatto, il posizionamento di mercato del nuovo gruppo.

I quattro mercati mondiali più importanti sono l’Europa, la Cina, gli Usa e il Brasile.
La Cina è in piena espansione con una crescita delle vendite nel 2013 del 16%, anno su anno, fino a 18 milioni di vetture.
Negli Usa il mercato è sceso da una crescita a due cifre a un + 8% sino a 15,6 milioni di vetture;
il Brasile è in calo per la prima volta dopo dieci anni,
l’Europa ha registrato un -2,81%.
Il nuovo gruppo è ben posizionato negli USA,
ma sia la Fiat che la Chrysler non hanno una presenza importante in Cina, dove la Chrysler ha problemi seri di qualità con la Jeep Wrangler, accusata dalle autorità di prendere fuoco;
la Fiat ha una forte presenza in Brasile;
il gruppo nel suo insieme una debolissima presenza in Europa.
Fonti tedesche dicono poi che la ripresa della Chrysler, in termini di profitti e giro di affari, negli Usa, pur così rilevante, ha elementi interni di debolezza dati da un margine operativo basso e degli standard di efficienza dei consumi bassi, rispetto ai concorrenti;
infine anche negli USA si è aperta la rincorsa su nuovi modelli con le conseguenti necessità d’investimento, da questo punto di vista il fatto che le stesse misure di razionalizzazione, con lo sviluppo di piattaforme comuni, siano in ritardo rappresenta un handicap.
In questo panorama si inserisce la decisione di quotarsi a Wall Street, cosa che inevitabilmente porterà al trasferimento del quartiere generale del gruppo – con le conseguenze inevitabili su una parte qualificata del mercato del lavoro torinese e delle attività del terziario avanzato e ad un esame approfondito della situazione aziendale che ridurrà i margini di manovra “a detrimento degli interessi USA”.

L’Europa, infine, è un serio problema per il nuovo gruppo.
La strategia di Marchionne sembra essere quella di muoversi lungo due strade contemporaneamente; la prima è rappresentata dal segmento medio, il suo punto tradizionale di forza, con gli stabilimenti europei situati in prevalenza fuori dall’Italia; segmento nel quale la Fiat nel periodo 2007-2012 ha realizzato un utilizzo degli impianti del 43%, mentre la soglia per realizzare dei profitti parte dal 75%.
La seconda è sviluppare alcuni marchi, come la Maserati, per posizionarsi nel settore premium e di lusso, facendo concorrenza diretta ai marchi tedeschi.
La ragione è evidente visto che Audi e BMW hanno avuto, nello stesso periodo, un utilizzo degli impianti rispettivamente del 93% e dell’87% con profitti operativi stellari. 
La preminenza tedesca è oggi molto stabile e basata su massicci e continui investimenti tecnologici e una strategia di presidio sia delle motorizzazioni tradizionali, benzina e diesel, sia di quelle innovative, elettrico e idrogeno, nonché delle nuove forme di mobilità basate sul superamento della proprietà individuale delle auto.
Che sia possibile conquistarsi un ruolo partendo da marchi affermati, come la Maserati, è certamente possibile, cosi come l’idea di sviluppare alcuni nuovi SUV come la nuova Ghibli;
che questo possa rappresentare una fetta significativa del mercato europeo appare molto difficile. 
Ad esempio, si parla di 50.000 vetture Maserati per il 2015. Come si darà lavoro agli stabilimenti italiani più importanti dal punto di vista occupazionale, visto che quest’anno la produzione italiana è ferma a 370.000 vetture contro 1,5 milioni dell’Inghilterra?

Sembra sempre più realistica l’idea che l’articolista del Financial Times, John Gapper, prende dai commenti interni al mondo dell’auto: Marchionne non è uno dell’automobile, in nessuno dei due sensi possibili, un ingegnere o un manager ad essa dedicato; è un grande affarista, nel senso letterale del termine.
Sotto questo profilo ha ottenuto il massimo possibile, sino a comprarsi la Chrysler in larga misura - la Fiat deve sborsare 1,7 miliardi sui 4,35 miliardi del valore complessivo, la differenza viene da una decisione di distribuzione straordinaria degli utili agli azionisti - coi soldi della stessa Chrysler;
il problema nasce nel momento in cui si tratta di posizionare questo nuovo gruppo in un mercato con pesi relativi completamente diversi dal passato e con dinamiche completamente nuove sia sotto il profilo tecnologico che dei modelli di business.
L’Italia corre il rischio di rappresentare l’anello debole di questa sfida.

F.Garibaldo - 13 Gennaio 2014 

E per chi ha orecchie per intendere....;-)
il Marpio è stato chiaro...fin troppo...

Fiat, il 29 decisione sulla sede. Dopo il colpo Chrysler Marchionne prepara successione
“Gli aspetti tecnici devono ancora essere completati, le decisioni andranno nel consiglio di Fiat del 29 gennaio prossimo.
Lì saranno esaminate tutte le questioni come il nome dell’azienda dopo fusione o la sede. Sono tutti argomenti da discutere, dettagli da confermare nei prossimi 12 mesi”.
L’ad di Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne, alla sua prima uscita pubblica dopo il colpo grosso di capodanno, al salone dell’auto di Detroit, prende ancora qualche giorno di tempo per ufficializzare la decisione finale sulla città che ospiterà il cuore pulsante della casa automobilistica.
Che nelle attese di tutti sarà Oltreoceano. “Sarà una scelta non dettata dal regime fiscale ma dall’accesso ai mercati e dalla loro fluidità”, ha tenuto a precisare il manager aggiungendo che “la sede è solo un problema emotivo“.
A elencare il primo dei fattori contro il mantenimento della sede italiana ci ha pensato poi lo stesso Marchionne che ha sottolineato come “ci vorrà molto tempo, non credo che nel 2014 ci sarà ripresa del mercato automobilistico europeo. Dovremo andare oltre quella data per vedere una ripresa vera”.
Il secondo è quello della politica italiana. “Spero che il nostro impegno industriale per il gruppo Fiat-Chrysler non venga ostacolato dalla politica – ha detto mettendo le mani avanti – Il nostro impegno è posizionare i marchi italiani nel mondo e siamo convinti che possiamo fare del bene al Paese”.
Terzo, ma idealmente primo, il tema dei conti. “La continuità dell’azienda è l’unica cosa che interessa me e John Elkann“. Anche perché, “durante la mia gestione abbiamo accumulato tante perdite, pregresse e non, per cui dovremmo guadagnare abbastanza soldi pari ai profitti” fatti negli ultimi anni dalla concorrenza tedesca.
Come quella di Volkswagen che negli Usa è pronta a mettere sul piatto 7 miliardi di dollari di investimenti in cinque anni per raggiungere il suo obiettivo di vendere un milione di vetture all’anno negli Stati Uniti entro il 2018.
Una somma che si confronta con il miliardo di dollari messo in campo da Fiat per la nuova Chrysler 200, il modello su cui la Casa di Auburn Hills punta per affermarsi nell’importante, ma anche affollato, segmento delle vetture Mid-Sized americane.
Del resto il vero tema sull’asse Torino-Detroit è proprio quello della liquidità dopo l’esborso per l’acquisizione del 100% di Chrysler.
E se Marchionne torna a escludere una ricapitalizzazione a carico della famiglia Agnelli, altrettanto non si può dire per il prestito convertendo. “E’ tra le opzioni, ma non l’abbiamo sposata come idea”, ha detto in merito al reperimento delle risorse per finanziare lo sviluppo del nuovo gruppo.
Che non sarà eternamente guidato da Marchionne. “Il vertice della nuova società sarà composto da Marchionne e il sottoscritto, quindi non cambiano Presidente e ad – ha precisato Elkann – Il piano di maggio va avanti per tre anni e non c’è dubbio che sarà portato avanti da Marchionne.
Il futuro, invece, è aperto.
Abbiamo molte persone capaci in Fiat-Chrysler, le identificheremo ma non prima della della fine del piano”.
Il “mio successore dovrebbe essere interno”, ha detto dal canto suo il manager precisando che “non mi interessa che parli italiano. L’importante è che parli in inglese”.
Il Fatto Quotidiano » Economia & Lobby by Costanza Iotti
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