lunedì 26 settembre 2016

Turismo: quando l'Italia era il numero UNO...poi anche QUI il Declino (e siamo solo all'inizio...)

Per il surreale "coccodè italopiteco"
Briatore vs. Puglia
e Briatore vs. Tutti
in merito al Declino del Turismo in Italia
vi lascio al mio post Nel Turismo dovremmo essere n.1 al Mondo (ma la colpa è tutta di Briatore...)

Per poter disporre di tutta una serie di dati concreti 
sul Trend del turismo italiano (che vi faranno riflettere)
passiamo la parola a LINKIESTA che ha fatto un ottimo articolo.
Così almeno invece di parlare a vanvera e per spirito "orgoglione" italiano
potrete parlare su delle basi un po' più concrete.

In sostanza anche nel Turismo
ovvero in un settore nel quale dovremmo essere senza ombra di dubbio NUMBER ONE al Mondo
il Declino (irreversibile) si sta man mano approfondendo (come per tutta l'economia italiana)
e siamo solo all'inizio...
In fondo ce lo stiamo meritando tutto
basti solo vedere la marea di battute radical chic ideologizzate e da Orgoglioni
ai semplici consigli pragmatici di Briatore
Una bellissima battuta italopiteca per tutte:....................................
.

una pugliese su FB che si dichiara
"ho lavorato come" dipendente del ministero della PPPPubblica Istruzione...
(probabilmente è già in pensione...a 50-55 anni...)
Ma noi, alla faccia di quello che dice Briatore, in Puglia siamo felicissimi di essere 30 anni indietro nel turismo (e non solo), non abbiamo bisogno dei Ricchi e stiamo benissimo così...
Uhhh già che stanno benissimo....
finché li mantiene qualcun altro
e finché campano di Stato Fallito (almeno fino al Default)
= a queste condizioni farei il retrò snob radical chic pure io...
E pensare che gente così
fa il lavaggio del cervello fin da piccoli ai nostri figli
e li condanna ad un futuro gramo e da perdenti....



Nota: per chi sogna che potremmo vivere solo di turismo&food
visto che l'Italia sarebbe il posto più bello del Mondo ...
ricordo che anche quando eravamo il numero 1 (anni '70)
il turismo pesava max per il 5% del PIL
Per ragioni strutturali al massimo il peso del settore turismo può arrivare ad un 10-15% del PIL di un Paese Sviluppato...
Sarebbe un contributo di tutto rispetto...ma non campi certo solo di quello..
come nemmeno di doc docg igp e quality food = sono solo nicchie ...
belle buone ed utili
ma solo nicchie per un minoranza....

Nota2: e non mi tirate fuori che negli anni '70 c'era la Lira ....mentre adesso c'è l'euro....
Il Mondo Globale va avanti veloce, anche nel turismo...
e chi non sa adattarsi è perduto...



Ha ragione Briatore, il turismo in Italia è indietro di trent’anni 

Investimenti al palo, alberghi obsoleti, infrastrutture scadenti: così i ricchi vanno a passare le vacanze altrove.
E l’Italia, nonostante sia uno dei Paesi più belli al mondo, scivola sempre più in basso tra le mete turistiche. È davvero così scandaloso dirlo?

«Il ricco vuole tutto e subito. Io so bene come ragiona chi ha molti soldi: non vuole prati né musei ma lusso, servizi impeccabili e tanta movida.
Masserie e casette, villaggi turistici, hotel a due e tre stelle, tutta roba che va bene per chi vuole spendere poco, ma non porterà qui chi ha molto denaro».
Così, in estrema sintesi, è stato riportato il Briatore pensiero sul turismo in Puglia (e più in generale in Italia).
Pensiero esternato durante il convegno dal titolo “Prospettive a Mezzogiorno”, a Otranto, a pochi chilometri di distanza da dove l’imprenditore piemontese aprirà uno dei suoi locali, il Twiga.
Apriti cielo. Le sue parole hanno fatto gridare allo scandalo gli amministratori e i vip locali come Albano Carrisi e una miriade di commentatori, soprattutto pugliesi, che si sono sentiti offesi - per amor patrio - da Briatore.
Per i toni accesi, per il luogo in cui le ha pronunciate - sparare ad alzo zero su masserie, ulivi e cultura a Otranto è come bestemmiare in chiesa - e forse anche perché lui, Flavio da Verzuolo, Cuneo, è l’emblema dell’italiano cafone, del self-made man senza cultura.
L’ultimo, insomma, che dovrebbe permettersi di parlare delle nostre bellezze naturali, artistiche, storiche e di come valorizzarle.
Però, forse, occorrerebbe andare oltre le apparenze e problematizzare le affermazioni che Briatore ha fatto in quella sede e, pochi giorni dopo, in un’intervista a Il Giornale.
Ad esempio, chiedersi se i fatti le suffraghino o meno.
Se davvero, come dice, «se volete cambiare il tipo di turismo dovete puntare sui marchi».
O ancora, se davvero in Italia c’è davvero penuria di strutture adeguate al nuovo turismo globale ad alta capacità di spesa (stiamo parafrasando, sia chiaro).
Se, più in generale, la nostra strategia ci relega nella nicchia del turismo di fascia bassa, quello che, dice lui, «getta i sacchetti di plastica ai piedi degli ulivi».

Negli ultimi trent’anni siamo scesi dal primo al quinto posto per numero di arrivi internazionali. 
Nel Country Brand Index, indice che misura l'attrattività di un paese per il resto del mondo, siamo passati dal primo al diciottesimo posto in dieci anni. 
Ancora: nel 2007 il turismo pesava il 5% del Pil italiano, nel 2015 siamo scesi a poco più del 3%. 
Ergo: il turismo italiano è uno dei settori che più hanno sofferto la crisi degli ultimi otto anni...


Ecco, senza voler deludere nessuno, né tantomeno circoscrivere l’ambito dell’analisi alla sola Puglia, i fatti e i numeri tendono a dare ragione a Briatore. 
Perché è vero, l’Italia ha un problema di strutture alberghiere obsolete e non in linea con gli standard del turismo di lusso, che infatti tende ad andare altrove.
Perché molto spesso la miopia della politica, la ritrosia delle amministrazioni - e delle popolazioni - locali, la burocrazia lente e inefficiente non hanno permesso di cogliere opportunità che hanno fatto la fortuna di altri Paesi.
Perché la concorrenza tra Regioni e l’assenza di una regia nazionale non permettono all’Italia di vendere adeguatamente il proprio brand turistico all’estero.

Andiamo con ordine, però.
E partiamo dal punto più dolente.  
Il turismo italiano non se la passa benissimo.
Negli ultimi trent’anni siamo scesi dal primo al quinto posto per numero di arrivi internazionali.  
Ancora: nel 2007 il turismo pesava il 5% del Pil italiano, nel 2015 - senza che l’economia sia cresciuta, anzi - siamo scesi a poco più del 3%. 
Ergo: il turismo italiano è uno dei settori che più hanno sofferto la crisi finanziaria ed economica degli ultimi otto anni.

Il problema, semmai, è che il mondo non è rimasto fermo. 
E il turismo è continuato a crescere: secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo nel 2015 gli arrivi internazionali sono stati 1.186 miliardi con un incremento pari al 4,6%, 52 milioni in più rispetto al 2014.
Una crescita che ha coinvolto soprattutto le Americhe (5,9%) l'Asia e il Pacifico (5,6%), ma anche le l'Europa, che è cresciuta del 4,7% e che è ancora l’area più visitata del mondo.
Nel contesto continentale anche l’area dei paesi mediterranei è cresciuta molto, con 10,4 milioni di arrivi in più (4,8%).

Procapite, un turista straniero in Italia spende 112 euro al giorno. 
A darci dentro sono giapponesi, cinesi, americani e russi. 
Peccato che i principali visitatori del nostro paese, americani a parte, siano tedeschi, francesi e inglesi. E che siano proprio russi e giapponesi a far segnare il calo più consistente di presenze, perlomeno tra il 2013 e il 2014...


Il problema, quindi, è che a crescere maggiormente sono state la Spagna e i paesi balcanici, non l’Italia, che si ferma a un +4,4%.
Soprattutto - e anche qui ha ragione Briatore - a preoccupare sono gli introiti, nella cui classifica l’Italia scivola dal quinto al settimo posto. 
Dai 50,5 miliardi di dollari incassati nel 2014 siamo infatti passati ai 39,4 miliardi del 2015. 
La Spagna, per dire, è a quota 56,5 miliardi, la Francia - che ci ha superato, così come la Thailandia e il Regno Unito, è a quota 45,9.
Procapite, un turista straniero in Italia spende 112 euro al giorno.
A darci dentro sono giapponesi, cinesi, americani e russi.
Peccato che i principali visitatori del nostro paese, americani a parte, siano tedeschi, francesi e inglesi.
E che siano proprio russi e giapponesi a far segnare il calo più consistente di presenze, perlomeno tra il 2013 e il 2014.
Perché?
«Non esiste una compagnia di alberghi di lusso italiana. 
Abbiamo Roma, Firenze, Venezia, ma non abbiamo un marchio alberghiero di alta gamma», 
denuncia Briatore. 
E in effetti l’European Hotel Valuation Index di HVS, che considera il valore degli alberghi a 4 e 5 stelle di 33 città europee, indica che le più elevate performance di crescita sono state registrate nel sud Europa e nel Regno Unito: le cinque città dove il valore per camera è cresciuto maggiormente nell’ultimo anno, a causa di un significativo incremento della domanda, sono infatti Madrid (+14,3%), Manchester (+13,5%), Dublino (+13,2%), Birmingham (+11%) e Lisbona (+10,3%). L’Italia? Non pervenuta, evidentemente.

Per trovare la prima regione meridionale nella classifica degli arrivi stranieri del 2014 - la Sicilia, per la cronaca - bisogna scorrere la classifica fino al settimo posto, dopo Veneto, Lombardia, Toscana, Lazio, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna. 
La Puglia, che pure svetta nella crescita con un lusinghiero +9.5% rispetto all’anno precedente, si ferma al quattordicesimo posto...
 Crescita degli investimenti italiani in turismo (in % al Pil)

Colpa del fatto che «l’Italia ha settemila chilometri di costa e 100mila posti barca, mentre la Francia ne ha 3200 e 450mila», come dice Briatore?
Forse.
Anche perché è proprio il turismo nel meridione - il più marittimo che c’è - che per Briatore è «indietro di trent’anni». 
Non ci sono dati per quantificare l’arretratezza, ma di certo c’è che per trovare la prima regione meridionale nella classifica degli arrivi stranieri del 2014 - la Sicilia, per la cronaca - bisogna scorrere la classifica fino al settimo posto, dopo Veneto, Lombardia, Toscana, Lazio, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna.  
La Puglia, che pure svetta nella crescita con un lusinghiero +9.5% rispetto all’anno precedente, si ferma al quattordicesimo posto. 
E, ancora peggio, scivola al sedicesimo (quintultimo) posto per percentuale di turisti stranieri sul totale: 19,2%. 
Peggio fanno solo Marche, Abruzzo, Basilicata e Molise.

Cosa servirebbe per invertire la rotta?
«Se nel Salento vogliono fare il salto di qualità e guadagnare di più, devono fare degli investimenti», dice Briatore.
E anche in questo caso, è difficile dargli torto.
Secondo il rapporto 2015 del World Travel & Tourism Council siamo il 137 paese al mondo (su 184 considerati) per percentuale di investimenti sul turismo in rapporto al Pil. 
 E nelle previsioni al 2026 scivoleremo al 171esimo. 
Risultato?
Nella crescita a lungo termine del turismo, il nostro paese, che oggi nel ranking elaborato dal Wttc è all’ottavo posto, è posizionato in 179esima posizione. 
Prepariamoci a essere scalzati da un bel po’ di Paesi al mondo. 
Alla faccia delle nostre bellezze naturalistiche, storiche e artistiche, della nostra enogastronomia senza pari.
E della nostra spocchia. 
Che ci fa fare orecchie da mercante a consigli sacrosanti, solamente perché escono dalla bocca di Flavio Briatore.
Avanti così.

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