lunedì 23 novembre 2015

Ennesimo salvataggio delle Banche Italiane "più solide" delle altre... (torna la mitica "crisi bancaria al rallentatore" in un Paese Feudale al rallentatore)

Io ve lo anticipai anni ed anni fa...
Del resto il mio Blog non a caso si chiama "Il Grande Bluff"
PROPRIO perché cerca sempre di andare OLTRE i luoghi comuni, gli errori
oltre la dissimulazione e la censura
oltre i BLUFF(s)....

Si narrava che le Banche Italiane fossero "più solide" di quelle di altri Paesi (e confermavano la versione persino Blogger "indipendenti" che però lavoravano in quelle stesse banche-tte...)
Ed io a sprecare fiato per dirvi/dimostrarvi che NON ERA VERO...
Et voilà...Torna la mitica "crisi bancaria al rallentatore" (con accelerazioni improvvise) assolutamente coerente con un Paese feudale al rallentatore....
E pensate che siamo nel "migliore dei Mondi possibili" grazie alla Big Bubble
con tassi a zero, QE a stecca e tanti altri drivers eccezionalmente favorevoli (e non ripetibili)....altrimenti pensate cosa succederebbe al nostro mitico sistema bancario più solido degli altri...
vedi mio post del paleolitico 2011....
L'italia e la sua "crisi (bancaria) al rallentatore"
vedi nel lontano 2012....solo alcuni esempi tra decine di post "profetici" e fuori dal coro (non ne metto altri...tanto i link non li segue nessuno...)
Andai ripetendo che il sistema bancario italiano aveva debolezze strutturali SPECIFICHE&diverse
ma comunque assai critiche rispetto agli eclatanti salvataggi di Ing Direct&soci che finivano sotto i riflettori (tanto ormai nessuno se li ricorda più ... grazie all'anestetizzazione della Big Bubble... ma la polvere è stata solo messa sotto al tappeto dall'impressionante volume di fuoco delle Banche Centrali)
Cercavo di far capire come quelli che venivano considerati punti di forza (per es. radicamento sul territorio) fossero in realtà elementi di debolezza in un Mondo Globalizzato-iper competitivo, in un'Italia in Declino Strutturale (soprattutto su "quei territori") ed a prevalenza feudale con inciuci locali/meno locali...
Risultato? Mega-inefficienze d'insieme ed una crisi meno scenografica ma più strisciante e con improvvise accelerazioni...
Continuavo a farvi prediche al vento con le mie solite visioni pragmaticissime...................................
.


dicendo che ai nostri tempi non conta tanto la supposta solidità di un sistema bancario ma piuttosto il POTERE di Protezione di una certa Nazione nel "parare il culo" al suo sistema bancario, la sua potenza di fuoco/di interposizione ... per es. 800 miliardi del TARP USA o 400 miliardi dello scudo SoFFin tedesco... rispetto a qualche miliarducolo di Tremonti Bond per Monte dei Pacchi&soci
e qualche miliarducolo del "Fondo di Risoluzione Nazionale" di oggi (ma il nome chi caxxo se lo è inventato?....)
Comunque... la questione è complessa e ci sarebbe tanto altro da dire...
Una cosa però è certa: se gli eccezionali "paraculi esogeni" dovessero venire un po' meno
AVREMO TANTISSIMO ALTRO DA DIRE...
Ma potremo parlare solo NOI che ci siamo protetti con lungimiranza&consapevolezza
per tempo e per bene...con strategia composita/articolata&globalizzata
mentre quelli che perderanno TUTTO come gli azionisti di Banca delle Marche etc
non avranno più nulla da dire...
ma potranno solo prendere a testate i muri...
e prendersela con se stessi per NON aver ascoltato chi di dovere fin dal 2010-2011.....
Tanto l'informazione economico-finanziaria indipendente dei Blog a che serve?
Che senso ha sostenerla attivamente ... se posso scroccarla liberamente?... ;-)
Good Luck!

ECCO IL PREZZO CHE PAGA CHI NON HA LE PALLE DI USCIRE FUORI DAI SOLITI VECCHI SCHEMI ORMAI ASSAI RISCHIOSI
E CHI SI SCANDALIZZA DAVANTI AI TONI ACCESSI DI UN BLOGGER ONESTO ED A SCHIENA DRITTA...e dunque si consegna nella mani dei VERI BOIA....
Il comunicato con il quale Banca Marche annuncia il salvataggio.
La banca dice di comprendere il rammarico per sacrificio patito da decine di migliaia di azionisti e obbligazionisti subordinati.
Non credo che sia proprio così.
Molte persone con Banca Marche hanno perso una vera fortuna.
Ce ne sono altre che, addirittura, hanno preso dei mutui e, all'atto dell'erogazione, la banca ha posto come condizione essenziale la sottoscrizione di azioni o obbligazioni, con parte della provvista ottenuta dai mutui.
Queste povere persone si trovano con il mutuo da pagare e con i risparmi azzerati. Un vero disastro.
Non vi è dubbio sul fatto che i responsabili di questo disastro siano dei veri e propri criminali.
http://www.vincitorievinti.com/…/speciale-banca-marche-disa… 
Ed adesso vi lascio all'ottima analisi di uno dei migliori giornalisti/analisi finanziari italiani...con lauree o senza lauree...con master o senza master....
Tanto gli economisti talebani con le "corone di alloro" di una "scienza economica" che non è scienza ....sono INFINITAMENTE più ciarlatani, dannosi e pericolosi...
perché plagiano le menti di tanti "soldatini" con il loro snobismo intellettuale deterministico/fascista...
ma sostanzialmente si nascondono dietro ai crismi della (pseudo)scienza, mentre in realtà sono IDEOLOGIZZATI FUORI DAL MONDO (quando non addirittura venduti al miglior offerente...)
e non capiscono una MAZZA di quello che li circonda pragmaticamente...
se non attraverso teorie accademiche/modellini&citazioni varie ... di un Mondo Universitario sempre più autoreferenziale e lontano dalla REALTÀ REALE...
Salvataggio da 3,6 miliardi per le quattro banche in crisi
Un'unica bad bank rileva le sofferenze di Banca Marche, Etruria, Carife e Carichieti, che rinascono con nuovo nome.....
(N.d.R. Rinascono????? Ah ah ah! Al massimo si RICICLANO....Comunque nel breve/per il trading il salvataggio è BULLISH + evita effetto FIFA...)
E su Banca Etruria-Lazio...consiglio di leggere il mio post (tanto per cambiare in anticipo...)
sugli INCIUCI familiari dal viso angelico.... ;-)
Monna Maria Elena Boschi e la legge sul conflitto d'interessi...
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Sei tesi per dire no al salvataggio bancario odierno
LeoniBlog by Oscar Giannino

Il decreto legge odierno di salvataggio di 4 tra le banche commissariate da Bankitalia, salvataggio in fretta e furia prima che entrino in vigore le norme europee sulla risoluzione delle crisi bancarie, mi vede tra i pochi fortissimamente critici. Sono in assoluta minoranza, rispetto al coro di sostegno unanime con cui il provvedimento è stato annunciato. E tra chi critica, meno ancora coloro che lo dicono in pubblico, per non rischiare la berlina. Desidero allora spiegare alcune delle ragioni della mia forte opposizione.

Ci sono due modi per farlo: il più serio sarebbe una lunga disamina dei coefficienti perduranti di bassa patrimonializzazione del sistema bancario ITA – e in particolare delle banche di cui parliamo ora – quando dal 2008 era chiaro a tutti che il patrimonio obbligatorio e i buffer aggiuntivi di capitale per affrontare i rischi dovevano salire; nonché dell’esplosione dei crediti deteriorati nel sistema italiano (tutto, tranne che una sorpresa, in un paese iperbancocentrico e a forte conduzione del credito secondo logiche relazionali invece che di merito); nonché sull’improvvisa tardiva emersione di molti episodi di malagestio bancaria in tutta Italia, per anni misteriosamente non colti dal radar di decine e decine di ispezioni Bankitalia e poi affiorati quando la vigilanza diventava della BCE. Ma ci vorrebbe un libro: un estesissimo e argomentato libro sulle collusioni – purtroppo – degli azionisti bancari, della politica, e purtroppo anche del regolatore in questi anni. Che non riguardano solo Mps o la Popolare di Vicenza, ma tre quarti d’Italia.

Il secondo modo è andare dritti al punto, con poche affermazioni motivate ma di fondo, giusto per far riflettere chi ne abbia voglia. Su almeno sei enormi bubbole contate in questi anni, insieme, da sistema bancario e politici (e non smentite con la forza dovuta dal regolatore). Scelgo ora questa seconda strada.

Primo: il sistema più sano al mondo. Quante volte lo avete letto sui giornali italiani, che c’era un motivo di fondo perché in ITA non c’erano crisi sistemiche bancarie come in Spagna, Paesi Bassi, Regno Unito, Irlanda: e cioè che avevamo i miglior sistema bancario del mondo? Non era affatto vero. Era vero che avevamo meno bolla immobiliare degli spagnoli e degli anglosassoni. Ma sommavamo rischio di credito e rischio sovrano, vista la crescente mole di titoli pubblici in pancia alle banche, e ancor più nel post 2011. E vista la perdita di PIL eravamo comunque condannati a una massiccia esplosione di NPL (oltre 200bn di crediti deteriorati oggi, oltre 340 se li valutiamo in maniera più realistica, sommando quelli che nei bilanci bancari non rientrano ancora nella definizione “ristretta”). In un sistema troppo poco patrimonializzato, con azionisti scarsi di capitale fresco da immettere, gonfio di costi fissi (mattoni e dipendenti) non brutalmente razionalizzabili nella crisi, con un margine d’intermediazione tendente a zero, ROE e ROI negativo. E regole non scritte ma diffuse, di troppo credito agli “amici degli amici”.

Secondo: le banche italiane non hanno bisogno di aiuti. Questa seconda bubbola è stata raccontata quando sono partiti i piani di salvataggio-ristrutturazione bancaria sotto l’ombrello europeo con fondi anticipati e vigilanza rigorosa comunitaria nel post 2011, come in Spagna. Già allora era evidentissimo che qualcosa di analogo, su scala minore forse ma di analogo, era necessario all’Italia. Ci fu chi riservatamente segnalò e argomentò l’esigenza ai premier Monti e Letta. In entrambi i casi, si decise di soprassedere. Quirinale e Bankitalia, oltre naturalmente all’ABI, non volevano scatenare polemiche di facile presa politica, sul fatto che i governi d’emergenza avrebbero rappresentato in Europa il nostro paese come gravato da un grave problema sistemico. Un errore grave, quello di ver messo polvere sotto il tappeto per evitare la sorveglianza europea: pagato da famiglie e imprese con la gravissima restrizione di credito ancora in corso. Errore la cui gravità è stata confermata quando, entrata in vigore la vigilanza comune Bce sui maggiori istituti nazionali, improvvisamente sono emerse sistematicamente debolezze patrimoniali, con la necessità di aumenti di capitale a raffica tra metà 2013 e 2014 e 2015, senza che per questo evitassimo di risultare con diverse banche a rischio comunque elevato negli stress test BCE.

Terzo: noi non siamo come i tedeschi, che salvano le loro banche violando le regole. Vero, i tedeschi hanno ottenuto con le ragioni della forza eccezioni serie e travi per le loro scassate Landesbanken politiche, hanno fatto pasticci inenarrabili come con la fusione Commerz-Dresden, hanno continuato a far leve finanziarie suicide come in Deutsche Bank, oggi alla resa dei conti. Ma il motivo per cui l’Italia non ha mai alzato la voce a Bruxelles contro questi salvataggi preferenziali, fuori dal naso e dall’occhio di una sorveglianza europea, è ben diverso da quello raccontato sui media: il motivo è che al momento giusto ci riservavamo di fare la stessa cosa.

Quarto: il silenzio di un anno sulla bad bank all’italiana. Gli osservatori più scafati delle vicende creditizie italiane sapevano da inizio 2015, che Bankitalia-governo-Abi si muovevano a Bruxelles per far passare nel corso dell’anno una versione italica di aiuti al sistema bancario, per consentirgli di cedere gran parte dei NPL senza però farlo a prezzi troppo bassi cioè di mercato (perché se no, come al solito, sarebbero state necessarie ricapitalizzazioni….). E comunque prima che entrasse in vigore il comune meccanismo previsto dalla direttiva europea varata a seguito della crisi cipriota prima e greca poi, quella che entra in vigore il primo gennaio 2016 e che è conosciuta come bail-in (con il coinvolgimento, nella risoluzione delle crisi, primariamente degli azionisti, poi degli obbligazionisti meno tutelati, fino ai depositanti oltre i 100 mila euro). Ma, per 10 mesi, sui media il silenzio su questo tentativo è stato pressoché assoluto. Ogni tanto usciva qualche dettaglio sul coinvolgimento di CDP o addirittura di Sace. Tutti coloro che hanno fonti a Bruxelles sapevano che alla Commissione Europea si era esterrefatti, di fronte al tentativo italiano di usare aiuti di Stato quando ormai c’era la doppia cornice della vigilanza comune BCE sui maggiori istituti di ogni paese, nonché della direttiva bail-in. Puntualmente, il penoso tentativo italiano è andato a scontrarsi con un no scontato: che il MEF ha ammesso solo la settimana scorsa, con una secca nota che non dava altre spiegazioni sul merito vero delle proposte avanzate. E sui media è partito il coro imbeccato dal sistema bancario, contro “i burocrati dell’Europa che su permettono di obiettare all’Italia che non ha mai chiesto aiuti”.

Quinto: il silenzio sul monito europeo nella vicenda Tercas. Lo stesso silenzio è stato riservato alle dure obiezioni europee espresse 9 mesi fa all’intervento di salvataggio nella banca teramana operata coinvolgendo il Fondo interbancario dei depositi, con la pretesa che fosse uno strumento “privato”. Quell’intervento non era privato perché orchestrato da Bankitalia, privo di un valido conto dei costi-benefici comparato, tale da giustificarne il ricorso rispetto a un’operazione condotta invece sul mercato e con criteri di mercato, e inoltre il Fondo serve a tutelare i depositanti delle banche, non gli azionisti. Tutti noi che seguiamo le vicende bancarie abbiamo in mano il documento europeo: ma nessuno quasi ne ha scritto, e fino a 2 settimane fa i media italiani continuavano a ripetere che per le 4 banche su cui si interviene oggi si sarebbe adoperato il Fondo interbancario. Che pena.

Sesto: il pasticcio attuale. La collusione ABI-governo-Bankit solo negli ultimi giorni ha dovuto prender atto che l’errore di non aver voluto un intervento sistemico vigilato dalla UE nel 2011-2012 non ha costituito base per vedersi approvata alla fine una scappatoia “nazionale”, all’ultimo secondo utile prima dell’entrata in vigore del bail-in. Ergo l’Italia la settimana scorsa ha recepito di corsa il sistema europeo di risoluzione delle crisi bancarie – che era stato apposta ritardato fino all’ultimo – con un’apposita unità costituita in Bankitalia. Ma il salvataggio degli istituti delle Marche, Etruria, Chieti e Ferrara avviene ora con una modalità che rispetta le regole nuove e comuni solo per modo di dire. Poiché il finanziamento annuale del fondo – 500 milioni a carico dell’intero sistema bancario – ancora non è disponibile poiché occorreranno mesi per le delibere di ogni istituto, ed ecco che allora sono alcuni grandi banche italiane a metter capitale nelle 4 banche ognuna divisa tra good e bad bank, e poi quando sarà il Fondo subentrerà. Ma avremo impegnato più di 4 annualità del Fondo che serve alla risoluzione di tutte le crisi bancarie italiane: cosa faremo per le altre banche commissariate da Bankitalia? E perché mai – se non per un obbligo “di sistema” ordinato da politica e Bankit – devono metter soldi in banche fallite che non si vuol far fallire chi, come Unicredit, ha dovuto ora ora varare il secondo piano industriale in pochi mesi con tagli e cessioni sanguinosi? Ma dove sta scritto che non deve fallire mai nessuna banca, neanche le banche più piccole ergo senza rischi sistemici nonché peggio amministrate? Perché domani si dirà che l’intervento è a spese zero per i conribuenti, visto che le banche recupereranno 1 dei 3,2 miliardi dell’ibntervento varato oggi attraverso gravi fiscali cioè appunto a spese dei cotnribuenti? E che segnale è mai quello odierno, verso le fusioni sinora bloccate da solite questioni territorial-politiche tra grandi popolari investire dalla (buona, per me) riforma voluta dal governo: non è ovvio che le frenerà ulteriormente? E verso le quasi 400 BCC, che anch’esse avrebberop bisogno di una vera e propria ondata di fusioni e ripatrimonializzazioni?

Si fa quel che si è deciso oggi per evitare la paura dei depositanti, si dice: l’Italia della rirpesa non ne ha bisogno e deve evitarla a tutti i costi. Siete socuri che sia così? Oppure è per evitare che la gente inizi sul serio a farsi i conti e a guardare i bilanci bancari, per capire dove mettere i propri soldi, e di quali azioni e obbligazioni bancarie disfarsi? Chiedetevelo, prima di liquidare le mie sei tesi come “fesserie liberiste”.

Oggi siamo a un altro capitolo di una lunga storia di errori e omissioni, bubbole e collusioni. Ripeto: il conto lo hanno durissimamente pagato imprese e famiglie. Mi rendo conto, è più facile dar la colpa all’Europa. Ma non sta né in cielo né in terra: la colpa è di un sistema collusvo che non ha saputo e voluto guardare in faccia alla realtà, e non ha preferito famiglie e imprese agli azionisti bancari, e ai loro intrecci troppo stretti con la politica locale e nazionale.
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