venerdì 12 ottobre 2012

Perché la globalizzazione non ha funzionato

Al fondo di questo post vi riporto un'analisi DA LEGGERE CON MOLTA ATTENZIONE,
anche se so che pochi eletti del superficiale e frettoloso popolo del web ci riusciranno...
Peccato però...peccato per loro....
Ho comunque cercato di tagliare qua e là e di fare una sintesi..

L'analisi TEORICAMENTE è illuminante
ma PRAGMATICAMENTE non tiene conto della natura umana e della naturale competizione tra le Nazioni moderne e globalizzate.
Pensare di poter avere UN ARBITRO NEUTRALE del VALORE come l'ORO
quando in realtà alcuni players in posizione di maggiore potere hanno la possibilità pratica di AVVANTAGGIARSI sugli altri con la loro Carta Straccia
è come pensare che un Leone risparmi una gazzella zoppa quando ce l'ha tra le fauci...
E' solo un esercizio di fantasia idealistica o di anacronistica analisi a tavolino.

Inoltre con le Lobbies Globalizzate che si arricchiscono sulle spalle del 99%...................
 .
L'INFORMAZIONE INDIPENDENTE NON GODE DEL PRIVILEGIO DEI SUSSIDI STATALI.
CARI LETTORI, PRIMA DI INIZIARE A LEGGERE IL POST, FATE LA VOSTRA PARTE: CLICCATE SUI DUE VIDEO PUBBLICITARI CHE TROVATE IN ALTO, ALL'INIZIO DEL BLOG.


.......................e con la finanziarizzazione informatizzata dei sistemi economici
è ancora più evidente perchè sia tanto bello quanto impossibile
contare su un arbitro imparziale e globale del VALORE&degli SCAMBI (qualunque esso sia).
(tra parentesi OGGI puoi manipolare e rendere fittizio anche l'ORO...in modi 100 volte più efficienti di quanto si riuscisse ai tempi dell'Impero Britannico)

Per questo ritengo che il detto Orientale "Più lontano vai, sempre meno (pragmaticamente) conosci"
(e sempre più t'incasini nelle tue masturbazioni teoriche) si attagli assai bene alla Scienza Economica.
Il velocissimo mondo economico e finanziario (tanto più quello attuale) spesso e volentieri lascia indietro anni luce la teoria economica (a parte alcuni fortunati&limitati casi che vanno storicizzati e contestualizzati ed invece vengono sempre ripresi come se fossero la Bibbia Eterna)
Questo perchè L'ECONOMIA è una branca ANOMALA del sapere: cerca arditamente di categorizzare, di spiegare e di mettere ordine al caos esattamente come fanno la Teologia e la Filosofia....
Ma quando quest'ultime cannano....pochi se ne accorgono andando a comprare la bistecca dal macellaio o facendo benzina (almeno nel breve periodo)
mentre quando è l'Economia a cannare....tutti ben presto se ne accorgono sulla propria pelle...nella vita di tutti i giorni, nella propria sfera lavorativa, familiare, nel proprio livello di benessere ed addirittura nella propria soppravvivenza quotidiana.

Ecco perchè la maggioranza dei rinomati Economisti Accademici quando fanno trading si beccano tante ma tante pappine...;-)
L'economia è la scienza(?) nella quale è più difficile conciliare teoria&pragmatica
ed è anche la scienza più difficile da aggiornare ai tempi che evolvono...
soprattutto quando, come oggi, vanno troppo veloci, sono finanziarizzati globalmente e sono informatizzati alla velocita del bit-luce...
permettendo dunque di AGGIRARE DI TUTTO&DI PIU' e di rendere spesso inefficaci anche le teorie economiche più attuali.
Che la Pragmatica sia diventata essa stessa una (imprendibile&sfuggente) Teoria?
O che i quotidiani miliardi di Io dare moneta, tu dare cammello (anch'essi globalizzati) stiano sfuggendo a qualunque tipo d'inquadramento teorico?
vedi anche: Dedicato alle sterili&sorpassate contrapposizioni: destra-sinistra...statalisti-liberisti...etc etc

Pensate che mi stia rifugiando in discorsi un po' troppo teorici?
Ebbene sì!
Che altro posso fare quando dal Mondo ti arrivano news del genere?
Mo' vadi a farmi 4 passi...
vedi mio canale twitter:

io dopo questa stacco: ...chiedano ai Greci (ed agli Spagnoli e tra poco a NOI)! Alla UE il premio Nobel per la pace: ha contribuito ad avanzamento pace..democrazia e diritti...

LA MINKIATA FINALE: la UE nel suo insieme che si prende il nobel per la pace...il premio di consolazione?...

MA CHE VADA A FAN CULO E PENSI A COME HA RIDOTTO MPS Mussari scrive a FMI, banche italiane solide analisi distorte

PERFETTO! C'è tuttavia un limite oltre il quale la pazienza cessa di essere una virtù (Edmund Burke)

mi viene da vomitare...LA LEGA FA PIU' SCHIFO DEGLI ALTRI (perchè si è venduta come novità diversa dagli altri)...Maroni parla di "eccellenza lombarda" e benedice il nuovo corso di Formigoni...

LA FINE DELLA (RESIDUA) FIDUCIA DEI CONTRIBUENTI: Il tetto alle detrazioni E’ RETROATTIVO. TAGLIO IRPEF 1% SOLO DAL 2013!

Fmi: Italia 30/a per pil pro-capite, sotto Spagna e Bahamas


Perché la globalizzazione non ha funzionato
Chicago Blog - Gerardo Coco
Il processo di produzione si basa sulla divisione del lavoro.
Ogni produttore si specializza nell’ottenimento di determinati prodotti e si procura gli altri di cui abbisogna attraverso lo scambio.
Il mondo della produzione fondato sulla divisione del lavoro è necessariamente un’economia di scambio dove il denaro svolge la funzione di unità di conto e di mezzo di pagamento.
....Poiché il denaro è solo un intermediario sono i beni ad essere permutati.
David Hume scrive: “Il denaro non è propriamente parlando una delle materie del commercio, ma solo lo strumento su cui gli uomini si sono accordati per facilitare lo scambio da una merce all’altra. Non è una delle ruote del commercio: è l’olio che rende il movimento delle ruote più facile e scorrevole”.
L’economia di scambio è anche una comunità di pagamenti: ogni acquisto e ogni vendita fa sorgere un debito e un credito che prima o poi devono essere regolati mediante trasferimento di denaro.
Pertanto un’economia di scambio è anche un’economia monetaria.
Ma ciò non cambia la realtà sottostante: i prodotti si pagano con i prodotti, non in denaro. 
Non appena il commercio supera i confini nazionali si parla di economia internazionale. 
Molto prima che le politiche economiche degli stati si interessassero allo scambio internazionale, i soggetti privati di un paese trovarono conveniente vendere beni e servizi a soggetti di altri paesi o comprare da loro.
E’ chiaro che le relazioni economiche interstatali nella forma di esportazioni e importazioni hanno ampliato la divisione del lavoro. 
L’enorme e rapido sviluppo nella produzione di beni nel commercio internazionale avvenuto negli ultimi duecento anni è proprio la conseguenza della divisione internazionale del lavoro. 
Oggi, il fenomeno globale di integrazione dei mercati si chiama globalizzazione..................
..................Lo scambio ineguale
La globalizzazione non ha portato i benefici sperati e lo sviluppo mondiale ha subito una battuta d’arresto.
Sebbene beni e servizi si siano diffusi in ogni paese come non mai, l’integrazione mondiale dei mercati ha avuto conseguenze negative specialmente nei paesi più avanzati portando a diseguaglianze nei redditi, bassi standard di vita e squilibri economici strutturali. 
Come mai la teoria dei vantaggi comparati non ha funzionato?
La risposta scontata è che il basso costo del lavoro dei paesi emergenti ha eroso la competitività dei paesi industrializzati mettendo in crisi le loro economie. 
Ma è proprio così?
Ai tempi di Ricardo il costo del lavoro in Inghilterra era più elevato rispetto al resto del mondo eppure questo paese era competitivo.
Lo stesso si può dire per gli Stati Uniti, la Germania o il Giappone che per gran parte del XX secolo sono stati tra i paesi più competitivi anche avendo costi del lavoro elevati.
I veri motivi della crisi vanno pertanto ricercati altrove.
Quando Ricardo sviluppò la sua dottrina, il commercio internazionale era regolato da una valuta stabile, l’oro e la sua circolazione permise alla produzione internazionale di espandersi immensamente a beneficio di tutti.
In un’economia basata sulla divisione del lavoro affinché la ricchezza possa circolare nella forma specifica di beni e servizi è necessario produrre ricchezza in forma generica o  moneta, che si scambi con la prima.
Solo così può misurarne il valore e permettere lo scambio di beni eterogenei secondo rapporti equivalenti.
L’oro assolveva appunto a questo ruolo. 
Le sue fluttuazioni temporanee non ne alteravano la funzione di unità di misura della ricchezza perché estendendosi a tutti i beni simultaneamente ne lasciavano immutati i valori relativi sebbene espressi da prezzi in oro più alti o più bassi.
Tramite la sua intermediazione il rapporto di scambio tra beni esportati e importati non mutava a meno che mutasse la produttività dei paesi scambisti.
E’ infatti la produttività a determinare le ragioni di scambio, non il denaro che è un intermediario neutro.
Pertanto un paese poteva regolare il proprio deficit o pagando in oro o con una maggiore quantità di beni, cioè in termini di produttività.
Ma a partire dall’ultimo trentennio del XX secolo il commercio internazionale privato della valuta aurea si è avviato verso la disintegrazione.
Quando il dollaro sostituì definitivamente l’oro come strumento di pagamento globale, la sua richiesta aumentò in tutto il mondo. 
Poiché il dollaro a differenza dell’oro poteva essere prodotto praticamente a costo zero, gli Stati Uniti acquisirono rispetto ai paesi partner il vantaggio, poi tramutatosi in danno, di pagare le importazioni non con gli introiti delle esportazioni ma stampando i mezzi di pagamento. 
Così da quando il dollaro è diventato valuta di riserva gli USA non hanno più saldato in termini reali i propri debiti. 
Da questa situazione hanno tratto vantaggio i paesi emergenti, in particolare la Cina che ha scambiato i suoi prodotti a basso costo con la valuta esclusiva per acquistare petrolio e le altre materie prime indispensabili per il suo rapido sviluppo. 
Per contro, gli USA incentivando la produzione cinese e disincentivando la propria non solo si sono ridotti la disponibilità del mezzo reale per estinguere i debiti ma hanno anche avviato un processo di deindustrializzazione interna.
A partire dalla fine del sistema aureo praticamente nessun debito è stato più saldato nel commercio internazionale perché tutti i governi hanno creato sulla scia del dollaro valute fittizie.
Poiché oggi i mezzi di pagamento sono prevalentemente creazioni di credito privi di garanzie reali, l’economia monetaria è diventata un’economia di debiti dove nessuna obbligazione viene più regolata in modo definitivo.
Infatti come già osservato, i debiti in termini reali costituiscono obbligazioni a cedere ricchezza, non denaro.
In regime di denaro fittizio i beni non si pagano più con i beni né le importazioni si pagano con le esportazioni.
Con la demonetizzazione dell’oro il commercio internazionale è entrato in un circolo vizioso autoalimentantesi: i deficit deprezzano le valute le une rispetto alle altre, la svalutazione riduce il valore delle esportazioni rispetto alle importazioni facendo aumentare ulteriormente i deficit. 
Per ridurli le nazioni svalutano sempre di più con l’effetto di distorcere le ragioni di scambio e di innescare processi di deindustrializzazione. 
Finché le nazioni accettano valute inflazionate in pagamento di beni e servizi finanzieranno il consumo a spese della produzione.
Infatti la svalutazione monetaria riduce il valore dell’export aumentandone la domanda.
Ma questo processo lungi dal favorire la crescita costringe i paesi ad esportare di più a fronte dello stesso valore di importazioni il che equivale a produrre di più ma essere pagati di meno e quindi, alla fine, ad abbassare la produttività, i redditi reali e il potere d’acquisto.
Il gold standard tendeva ad allineare il potere d’acquisto delle valute convertibili alle ragioni di scambio per cui anche i tassi di cambio fungevano da meccanismo di trasmissione dei tassi di produttività.
Ma oggi tutto il processo di creazione, trasmissione di ricchezza e competitività è stato completamente distorto e oscurato dall’uso di denaro fittizio ed è per questo che la globalizzazione invece di promuovere la cooperazione economica e sociale si è trasformata in una lotta suicida fra nazioni. 
Per ristabilire uno sviluppo equilibrato a livello globale è necessario e urgente rimettere in circolazione il denaro autentico.
Questo articolo è stato pubblicato il 6 ottobre 2012 su Cobden Centre con il titolo “Making globalisation work requires real money.

Se trovate questo post interessante, siete invitati a condividerlo con i tasti "social" (Facebook, Twitter etc) che trovate subito dopo la fine del testo. 

Sostieni l'informazione indipendente e di qualità