lunedì 25 luglio 2016

Comprarsi l’auto ai tempi del QE (guest post)

Comprarsi l’auto ai tempi del QE

Mi succede che l’autoradio si zittisce d’improvviso, proprio su un acuto di Alice Cooper che fungeva da stimolante sul mio sistema nervoso imbolsito dal traffico.
Penso a un’interferenza e rischio di andare a sbattere mentre smanetto con i controlli, ma niente: silenzio. Provo il rimedio finale: il reset. Spengo e riaccendo, ma quella tace.
Tolgo persino il frontalino e lo rimetto con un movimento plastico. Ancora silenzio. Sicché è ufficiale: l’autoradio si è rotta.
Mi guardo intorno.
Il volante vagamente liso, le tappezzerie consunte da una pattuglia di belve minorenni, e siccome piove, non posso neanche impedirmi di notare che i tergicristalli arrancano sul parabrezza come uno scalatore esausto.
Mi sorge il fondato sospetto che la mia automobile sia invecchiata. Strano: non ha nemmeno quindici anni e un motore che è ancora un orologio pure se ha girato per 160 mila chilometri.

Torno a casa e informo la famiglia che l’autoradio si è rotta e quindi bisogna attrezzarsi col canto libero quando si è in auto.
Ma poi d’improvviso un qualche meccanismo sociale, che evidentemente ha scavato nella mia consapevolezza silente come un tarlo, mi fa esplodere un pensiero inusitato sotto forma di domanda: ma perché non ti compri una macchina nuova?
Boom. Mi ritrovo esposto a questa seduzione: la macchina nuova. E quando mai?
Malgrado sia patentato da più di una generazione non ho mai pensato un pensiero così dissennato.
Eppure adesso – sarà colpa della vecchiaia? – mi dico: che male c’è?

Per incoraggiarmi do un’occhiata al conto in banca dove da un paio d’anni giace inutilizzato il povero gruzzolo di risparmi.
Prima riuscivo a spuntarci qualcosina – coi Bot o i Btp, sapete – ma adesso questi arnesi rendono nulla, e anzi ci perdi.
E siccome non sono abbastanza ricco per giocare al grande investitore, l’ho lasciato lì, a far muffa e a sciogliersi, una goccia alla volta, grazie al caldo abbraccio del fisco e della mia banca.
Mi sembrano talmente inutili, questi soldi, che decido di spenderli in una fiammata di follia.
Mi sento persino patriottico: il Pil e quelle cose lì.

Inosservati, nella mia psiche agiscono silenziosi e solerti gli espedienti psicologici del QE.
In fondo cos’altro vuol fare la banca centrale, mi dico, se non spingerti a spendere i tuoi soldi per rilanciare l’economia? Sempre per il bene comune, ovvio.

Sicché mi decido.................................
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Passo la metà della notte a cercare una macchina che sia coerente con il mio conto in banca e grande abbastanza per ospitare la truppa al completo e, miracolo, la trovo.
Vado a dormire convinto d’aver assolto al mio dovere di padre e consumatore.

L’indomani di buona mattina chiamo in concessionaria per chiedere un test drive e un preventivo, anche se, dopo aver smanettato abbastanza con il configuratore non mi aspetto grandi sorprese.
Mi risponde una gentile signorina alla quale espongo con dovizia di dettagli le mie esigenze e mi informo circa disponibilità e tempi di consegna.
Dopo una ventina di minuti arriviamo al punto: il prezzo.
La prima sorpresa è che costa di più di quello che diceva il configuratore, ma vabbé: cosa volete che siano quei mille euri in più?
E poi ho un asso nella manica.
Aspetto che finisce di spiegarmi i perché e i percome dell’aggravio e poi lo calo spietatamente. “Ma se vi pago in contanti – dico – che sconto mi fate?”
Mi risponde così: “Se paga in contanti il prezzo aumenta. Il prezzo che le ho fatto è scontato solo se lei fa il finanziamento”.

Subisco un lieve corto circuito.
Sono cresciuto in un tempo dove il denaro cash aveva un valore e scopro con raccapriccio che non è più così.
Oggi a quanto pare risparmi se fai debiti, non se metti da parte e paghi in contanti.
I meccanismi misteriosi della finanza contemporanea agiscono a nostra insaputa, evidentemente.
Salvo quando ci servono. E allora li capiamo sul serio.
Il corto circuito si manifesta in una risata vagamente maleducata, della quale mi scuso subito. “Ho riso anch’io – mi dice lei cortese – quando me l’hanno detto”.
E poi si affretta a spiegarmi che se non faccio il finanziamento non posso accedere alla polizza triennale incendio e furto, né al prolungamento della garanzia da tre a cinque anni.
E che quindi in fondo mi conviene pagare qualcosina di interessi.

Qualcosina?
Mentre lei parla torno sul sito del configuratore e simulo un finanziamento – che comunque non può essere inferiore a seimila euro – e scopro che il Taeg, già a un dignitosissimo otto e passa per cento, sfiora il tredici per cento se provo a limitare il prestito a due anni e che il tasso aumenta all’aumentare dell’anticipo.
Miracoli della matematica finanziaria.
Alla fine il simulatore mi dice che per prendere seimila euro in prestito per due anni, devo restituirne 7.275.
In sostanza devo pagare oltre mille euro in più perché in teoria non mi conviene spendere i soldi che ho.
Oppure spenderli comunque e perderci perché aumenta il prezzo, mentre una vita fa mi avrebbero fatto uno sconto.
Più che avere soldi, ossia crediti, oggi conviene avere debiti. 
E poi ci lamentiamo che il debito aumenta.

Provo a tradurre il dilemma. 
Se tengo i soldi in banca, prendo zero o poco meno, epperò se prendo a prestito la stessa cifra che trattengo in banca, ci pago il tredici per cento. 
Sia che tenga i soldi in banca, sia che mi indebiti, vengo tosato.
Il venditore di macchine, invece, non perde un euro, visto che la finanziaria gli restituisce lo sconto che fa a me se lui mi vende il finanziamento. 
Sul mio debito, per il quale paga un tasso x, il finanziatore guadagna lo spread fra questo tasso e quello che fa a me.
E deve essere anche alto, se poi riesce pure a dare un po’ di profitto al venditore.  

A monte la banca che presta i soldi alla finanziaria magari li prende a prestito dalla Bce ai tassi che sappiamo, mettendo il mio debito come collaterale. 
E ci fa un altro pezzetto di guadagno.
Questo meraviglioso mondo che abbiamo costruito ha tanti vincitori.

Tranne me che pago il conto. 
Sia che risparmi, sia che spenda prendendo a debito.

Chiudo la conversazione con l’entusiasmo ormai agli sgoccioli.
La sensazione di essere oggetto di un raffinatissimo raggiro mi rapisce come una vertigine.
E mi trovo a sfogliare gli annunci di auto usate, come ai vecchi tempi.
E il Pil?
I soldi li spenderò lo stesso.
Ma lui non lo saprà mai.

(da "The Walking Debt")
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