mercoledì 15 aprile 2009

I Nobel-Ammutinati di Obama


In questo BLOG ho già citato le critiche alla ricetta anti-crisi di Obama da parte del "democratico ed anti-Bush" Paul Krugman, premio Nobel per l'Economia e sostenitore del nuovo Presidente.
Adesso si aggiunge anche una dura critica di Joseph Stigliz, un altro premio Nobel per l'economia ed anch'esso democratico, a mezzo di una sua recente intervista.
Ed un vecchio lupo di mare come Paul Volckner, ex-presidente della FED e salvatore della patria nella crisi degli anni '80, ha fatto trasparire un atteggiamento critico verso la "ricetta Obama" ed è stato messo in disparte, anche se sulla carta avrebbe dovuto avere una posizione di rilievo nello staff economico del nuovo Presidente.

Insomma...fossi al posto di Obama inizierei un po' a preoccuparmi di questa epidemia di ammutinamenti da parte dei suoi naturali sostenitori, nonchè premi Nobel o super-scafati economisti.
La mia impressione?
Da una parte c'è un atteggiamento colluso con le Banche da parte di Geithner e compari (ed Obama si accoda supino): infatti la segreteria del tesoro USA e le "cupole" delle banche d'affari americane sono legate a doppio filo, sono dei vasi comunicanti dove un segretario del Tesoro diventa amministratore delegato di Goldman Sachs o viceversa....
Dall'altra parte invece ci sono degli economisti di altissimo livello e di fede democratica che si possono permettere una maggiore indipendenza ed un maggiore equilibrio di giudizio (in particolare sulle banche USA): quindi non possono che essere critici sul piano-inganno di Geithner (vedi Il Grande Inganno).

Vediamo alcuni stralci significativi della dura intervista di Joseph Stigliz (Der Spiegel - La Stampa 14 aprile 2009)
Lo pseudo-capitalismo di Obama
La proposta dell’Amministrazione Obama di investire 500 o più miliardi di dollari per sistemare le banche americane in sofferenza è stata descritta nei mercati finanziari come un’operazione win-win-win, dove tutte le parti coinvolte vincono e nessuna perde. In verità è una proposta win-win-lose: vincono le banche, vincono gli investitori, ma perdono i contribuenti.
Il Tesoro americano spera di tirarci fuori da questo pasticcio replicando i metodi con cui il settore privato ha fatto crollare il mondo, cioè un eccesso di indebitamento nel settore pubblico, un eccesso di complessità, incentivi scarsi e mancanza di trasparenza. .....Le banche sono finite...nei guai eccedendo nell’indebitamento, cioè utilizzando una parte relativamente piccola del loro capitale e prendendone a prestito una molto grande per comprare titoli immobiliari ad altissimo rischio. Per farlo hanno usato strumenti altamente complessi, come le obbligazioni collaterizzate di debito.....
In teoria il piano dell’Amministrazione Obama lascia che sia il mercato a determinare il prezzo dei «titoli spazzatura» delle banche .....Il piano del governo comporta infatti l’assicurazione di quasi tutte le perdite, con la conseguenza che gli investitori privati, liberi dalle perdite, «valuteranno» innanzitutto i loro guadagni potenziali. ...
Una discutibile partnership
Prendiamo un asset che abbia 50 per cento probabilità di valere, nel giro di un anno, o zero o 200 dollari. Il suo «valore» medio è perciò di 100 dollari, cioè il prezzo che spunterebbe in un mercato competitivo. Nel piano del segretario al tesoro Timothy Geithner il governo metterebbe circa il 92 per cento del denaro necessario a comprarlo ma riceverebbe solo il 50 per cento degli eventuali guadagni, assorbendo praticamente tutte le eventuali perdite. Che razza di partnership è mai questa?
Ipotizziamo che uno dei fondi pubblico-privati che il Tesoro ha promesso di creare intenda sborsare per quell’asset 150 dollari. Questo è il 50 per cento più del suo effettivo valore, e la banca è ben felice di venderlo. Il partner privato mette 12 dollari e il governo il resto - 12 dollari in «equity» più 126 dollari sotto forma di prestito garantito. Se, nel giro di un anno, il valore effettivo dell’asset diventa zero, il privato perde 12 dollari e il governo 138. Se invece il valore effettivo è di 200 dollari, il governo e il partner privato si dividono i 74 dollari che rimangono dopo aver restituito il prestito di 126. In quel roseo scenario, il privato triplica il suo investimento di 12 dollari ma il contribuente, pur avendo rischiato 138 dollari, ne guadagna appena 37. Anche in un mercato imperfetto non si dovrebbe confondere il valore di un asset con il valore dell’opzione su quell’asset. E’ però probabile che gli americani perdano ancora di più per via di quell’effetto chiamato «selezione avversa». Poiché le banche possono scegliere i mutui e i titoli da vendere, saranno inclini a vendere gli asset più tossici, in particolare quelli che, secondo loro, sono sovrastimati dal mercato. .... Il problema principale non è una mancanza di liquidità. Se lo fosse, basterebbe un programma molto più semplice: fornire fondi senza garanzie sul prestito. Il vero problema è che le banche hanno creato la bolla speculativa sui mutui subprime e hanno fortemente speculato con denaro preso a prestito. Hanno perso il loro capitale, e questo capitale dev’essere rifuso. Pagare il giusto valore di mercato per gli asset non basta. Solo pagandoli più del dovuto le banche verranno adeguatamente ricapitalizzate. Ma superpagare gli asset significa semplicemente spostare le perdite sul governo.
Alcuni americani temono che il governo possa «nazionalizzare» temporaneamente le banche, ma questa opzione sarebbe preferibile al piano Geithner. Dopo tutto la Fdci - Federal Deposit Insurance Corp, l’Agenzia governativa che svolge il ruolo di garante per i depositi presso le banche americane - ha già preso in precedenza il controllo di banche a rischio fallimento, e ha agito bene. Sono stati nazionalizzati anche grandi istituti come Continental Illinois (acquisito nel 1984 e tornato in mani private pochi anni dopo) e Washington Mutual (acquisito lo scorso settembre e immediatamente rivenduto).
Stimoli perversi
Quello che l’Amministrazione Obama sta facendo è peggio di una nazionalizzazione: è pseudo capitalismo, che privatizza gli utili e socializza le perdite. E’ una «partnership» in cui un partner rapina l’altro. Una partnership del genere - con il controllo nelle mani private - dà degli stimoli perversi, ancora peggiori di quelli che ci hanno portato nel caos attuale.
....Essa ha permesso all’Amministrazione Obama di non dover tornare al Congresso a chiedere il denaro necessario a salvare le nostre banche, fornendo una strada per evitare la nazionalizzazione. Il problema è che noi già soffriamo di una crisi di fiducia. Quando gli alti costi del piano Geithner diventeranno evidenti, ci sarà un’ulteriore erosione di fiducia. A quel punto il compito di ricreare un settore finanziario vivace, e di resuscitare l’economia, sarà ancora più difficile.
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